Nel novembre 1944 sbarcò a Taranto, fra le truppe destinate all’VIII armata inglese, una brigata di volontari composta da circa 5.000 uomini con un sorprendente vessillo.
Il vessillo era sconosciuto, ma su di esso vi era un simbolo che tutti avevano già visto: la stella gialla a sei punte del popolo ebraico. I soldati erano tutti ebrei.
Molti dei volontari della Brigata Ebraica provenivano infatti dalla Palestina del Mandato Britannico, l’antica Terra di Israele, altri dall’Europa, altri ancora da Canada, Sud Africa, Australia.
Gli ebrei arruolati nell’esercito britannico in Palestina erano assai più numerosi: circa 30.000, tuttavia, la Brigata Ebraica fu l’unica a combattere il nazifascismo sotto una bandiera propria.
La Brigata Ebraica fu costituita il 20 settembre 1944, al termine di lunghe trattative con le autorità britanniche di Palestina: il governo inglese aveva infatti procrastinato la costituzione di un’unità ebraica combattente per non urtare la sensibilità degli arabi di Palestina, i quali, nel frattempo, avevano operato una scelta di campo inequivocabile al fianco dell’Asse.
L’emozione suscitata in certa parte dell’opinione pubblica dalle tragiche condizioni degli ebrei nei campi di sterminio ebbe un ruolo nella creazione della Brigata Ebraica.
Dopo aver svolto un periodo di addestramento ad Alessandria d’Egitto, la Brigata Ebraica venne inviata sul fronte italiano, inquadrata nel X Corpo dell’VIII Armata Britannica.
I volontari ebrei dell’esercito inglese ricevettero un ulteriore periodo di addestramento una volta sbarcati in Italia, presso Taranto e poi Fiuggi.
Il 26 febbraio 1945 la Brigata giunse al fronte al fianco delle truppe scozzesi in Romagna, nella provincia di Ravenna.
Il 28 febbraio 1945, assieme ad altre unità militari e gruppi di combattimento polacchi ed italiani, la Brigata Ebraica entrò nella città di Rimini, quasi completamente distrutta, per raggiungere il 3 marzo Forlì, dove vi furono i primi scontri a fuoco con la Wermacht.
Gli scontri continuarono, con prolungati e durissimi combattimenti, tra il 21 e il 25 marzo, nei dintorni di Faenza, che venne infine sottratta al controllo delle truppe nemiche.
La Brigata partecipò attivamente allo sfondamento della Linea Gotica sul fronte del fiume Senio, mentre l’ultimo scontro a fuoco con i tedeschi avvenne il 14 aprile.
Il bilancio di due mesi di combattimenti fu di 51 morti e numerosi feriti.
Terminata la guerra in Italia, i volontari della Brigata Ebraica si prodigarono per aiutare i superstiti ebrei a ritrovare i propri cari, allestendo centri di raccolta, all’interno dei quali venivano distribuiti beni di prima necessità come cibo e indumenti, riaprendo scuole, centri di culto e luoghi di aggregazione.
A Milano, dove la sinagoga di via della Guastalla era stata data alle fiamme, il CLN aveva affidato ai “palestinesi” dell’esercito inglese il compito di riorganizzare la comunità ebraica milanese ed offrire un rifugio agli sfollati ebrei che tornavano in città.
Gli ebrei palestinesi attivarono un centro ebraico presso Palazzo Erba Odescalchi, in via Unione 5, e riaprirono la scuola ebraica di via Eupili 8.
Oltre a ricucire il tessuto sociale, istituzionale e religioso ebraico, laceratosi durante gli anni della persecuzione nazifascista, il centro di via Unione si trasformò nel punto di convergenza dei profughi ebrei di tutta Europa, un importante snodo di passaggio nel viaggio verso la Palestina fra il confine con l’Austria e i porti della Liguria e del sud Italia.
Nel maggio ‘45 la Brigata Ebraica fu trasferita sul Tarvisio, dove avvennero i primi contatti con i profughi reduci dai campi di sterminio. Venne offerto aiuto a quanti intendeva- no raggiungere la Palestina avviando delle vere e proprie staffette verso i principali porti della penisola, fra cui Napoli e La Spezia. Ben presto, la voce che i volontari ebrei agevolassero il passaggio di molti correligionari in Palestina, talvolta fornendo documenti falsi e divise militari ai profughi per eludere i controlli, si diffuse e fu intercettata dai comandi britannici. Poiché persistevano limitazioni circa l’ingresso di
immigrati ebrei in Terra d’Israele, le autorità britanniche decisero di spostare, nel mese di luglio, la Brigata Ebraica nel nord Europa, prima in Olanda e poi in Belgio. Anche nelle città di Bruxelles ed Amsterdam la Brigata assunse il doppio compito di forza di liberazione e centro organizzativo di assistenza ai profughi.
La Brigata Ebraica operò attivamente sul fronte italiano dal 3 marzo al 25 aprile 1945, per un totale di 54 giorni di combattimenti. In tutto, considerando anche i gruppi ausiliari che si batterono in supporto, le perdite fra i soldati ebrei palestinesi sul suolo italiano ammontarono a 51 uomini, le cui salme oggi si trovano nei cimiteri militari Alleati, principalmente in quello di Piangipane e negli altri cimiteri della provincia di Ravenna, ma anche a Milano, Ancona, Salerno, Udine, Padova, Caserta e Bologna.
La funzione della Brigata Ebraica in Italia fu fondamentalmente di natura diversiva e si sostanziò in una azione di disturbo e di agganciamento del nemico. Secondo lo storico israeliano Yigal Allon, sebbene addestrata ad affrontare la guerra “su larga scala”, la Brigata Ebraica fu di fatto impiegata in un settore statico del fronte. Nonostan- te ciò, gli uomini dei gruppi ausiliari e quelli della Brigata Ebraica ebbero la possibilità di operare per oltre un anno nelle file di uno dei più organizzati e strutturati eserciti del mondo.
Per questo motivo, l’esperienza militare conseguita dagli uomini della Brigata Ebraica si rivelò estremamente formativa e fu determinante per le sorti della guerra di Indipendenza dello Stato di Israele, tant’è che furono proprio due reduci della campagna d’Italia, i brigadieri Mordechai Markleff e Haim Laskov, a ricoprire il ruolo di Capo di Stato Maggiore del neonato esercito nazionale, negli anni ’50, mentre Aaron Remez, anch’egli reduce della Brigata Ebraica, divenne il secondo comandante in capo dell’Aviazione israeliana (1948-1950).
In Italia il ruolo dei volontari ebrei provenienti dalla Palestina fu invece prezioso soprattutto dal punto di vista umanitario, dato che essi furono largamente impegnati nell’azione di supporto e assistenza ai profughi ebrei e ai numerosi orfani ospitati nei centri di raccolta e nei campi per rifugiati in tutta la penisola.
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